“A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?”

“A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?”

“La Nazione” del 19 aprile 2009 ha riportato la notiza del documento stilato dal gruppo diocesano di Pastorale Sociale di Pescia in merito alle prossime scadenze amministrative.

Tralascio la parte dell’articolo che riguarda le elezioni europee e vi segnalo quella sulle elezioni amministrative e sull’impegno politico.

“Nel documento del Gruppo pastorale si invita a superare decisamente l’atteggiamento superficiale e qualunquistico di chi ritiene che la politica sia sporca e che i politici siano per natura corrotti. Va invece rinnovata la stima verso tutti coloro che, anche a costo di sacrifici personali, si impegnano nelle amministrazioni locali o si rendono disponibili per incarichi superiori. Un invito ai cristiani che scelgono di impegnarsi in politica: essi hanno l’obbligo morale di lasciarsi illuminare dalla Dottrina sociale della Chiesa, individuando i valori e le prospettive di fondo che sempre devono ispirare le scelte a favore del bene comune.
Un richiamo agli elettori. Sarebbe veramente contraddittorio che, mentre pretendiamo dai politici un impegno a tutto tondo, ci sentissimo autorizzati come comuni cittadini a non partecipare al voto.”

La sintesi del documento è assai significativa e credo che tutti, credenti e non, debbano se non altro ascoltare e magari interrogarsi rispetto a queste parole.  

Con l’occasione voglio ricordare un episodio. A me ha colpito molto quanto ha ricordato Dario Franceschini all’assemblea nazionale dei Giovani Democratici a Milano lo scorso 15 marzo.

Franceschini ha citato Don Primo Mazzolari il quale, a chi gli diceva che con la politica ci si sporcano le mani, rispondeva “a che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?”

L’esempio di alcune persone che ho incontrato sulla mia strada mi ha insegnato, in questi pochi anni, che non serve a poco  lamentarsi e lamentarsi perchè le cose non vanno.

C’è da trasformare questa insoddisfazione in impegno. C’è da dare, nel nostro piccolo, nella nostra quotidianità, un contributo per cambiare le cose. Con le nostre azioni, con i nostri comportamenti.

Io ho scelto di provare a dare questo piccolo contributo con l’impegno politico, con la consapevolezza che la più grande rivoluzione, ad ogni livello, sarà mettere la persona al centro, di ogni azione e di ogni scelta.

I filosofi lo chiamano “personalismo”, io credo che sia l’unica strada per costruire una società migliore, sapendo che ogni cambiamento parte sempre dal livello locale. 


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