UN PATTO PER IL FUTURO DELLA SANITA’ TOSCANA E PER CONTRASTARE CON PIU’ FORZA I TAGLI DEL GOVERNO MELONI

UN PATTO PER IL FUTURO DELLA SANITA’ TOSCANA E PER CONTRASTARE CON PIU’ FORZA I TAGLI DEL GOVERNO MELONI

Nello scorso mese di maggio il convegno “Attacco al welfare toscano” promosso da associazioni di rappresentanza e dai coordinamenti delle realtà che sostengono molti servizi del nostro sistema di welfare ha sicuramente evidenziato un punto che, passata la campagna elettorale, ha bisogno di essere ripreso: serve un’alleanza forte tra Regione, Comuni, mondo del volontariato, le organizzazioni sindacali, le professioni mediche e sanitarie che veda al centro la riscrittura di un nuovo patto che fondi il futuro del sistema sanitario toscano, che ha nel suo DNA l’essere pubblico e universalistico.

C’è la necessità di un nuovo patto perché è cambiata la demografia: l’aumento dell’età media della vita, in cui la Toscana svetta anche grazie al sistema sanitario regionale, ci pone di fronte la necessità di nuove modalità organizzative per far fronte a bisogni nuovi e una nuova situazione sociale nella composizione dei nuclei familiari; allo stesso tempo anche il cambiamento climatico è una variabile che avrà un impatto sempre maggiore sui bisogni di salute.

Parallelamente a questo si pone la questione delle risorse: le politiche finanziarie del Governo Meloni parlano chiaro, il sistema sanitario pubblico non è più strategico per chi attualmente ci governa. Come salvaguardare dunque un sistema sanitario a forte impronta pubblica e universalistica? Prima di tutto con una forte mobilitazione della Toscana verso il livello nazionale, una mobilitazione non solo istituzionale (come la proposta di legge del Consiglio Regionale per arrivare alla quota del 7,5% del PIL) o politica, ma sociale, con chi condivide che l’universalità del sistema sanitario è un valore da salvaguardare.

Riforme e risorse: un patto serve per questi due obiettivi, che sono strettamente connessi.

Ritornando al piano più strettamente regionale, dopo il positivo accordo triennale siglato con Misericordie, Pubbliche Assistenze e Croce Rossa sul trasporto sanitario, è necessario quanto prima concludere il lavoro già in essere sulle componenti di questo patto: il confronto in corso tra la Giunta Regionale e le organizzazioni sociali che rappresentano le strutture per disabili, le residenze per anziani, gli enti accreditati in campo sociale ha bisogno di una conclusione per arrivare ad accordi che abbiano respiro pluriennale.

Parimenti l’interlocuzione in corso con i sindacati del comparto sanitario e della dirigenza medica hanno bisogno di una conclusione per arrivare ad intese che riconoscano il valore di queste professionalità e diano il senso che la Toscana, a differenza del Governo, riconosce i fenomeni di “fuga” dei professionisti dal servizio sanitario regionale come il più grave pericolo per il futuro della nostra sanità.

Non per ultimo il ruolo della medicina di famiglia, dei pediatri di libera scelta e delle farmacie: senza i primi due è impossibile che le Case della Comunità vivano nel significato ad esse attribuito dal PNRR, che mette al centro la sanità territoriale; le farmacie, invece, sono presidi la cui capillarità è elemento fondamentale, soprattutto nelle aree più periferiche. Gli assessori Bezzini e Spinelli stanno lavorando ad intese su questi e altri aspetti e chiediamo all’intera Giunta Regionale di farsi carico di quanto ne scaturirà, non solo in termini di risorse ma anche di innovazione; queste intese sono necessarie non solo per dare certezza ad attori fondamentali del sistema sanitario e sociale toscano ma perché rafforzano il senso di un’alleanza toscana per la tutela del diritto alla salute che ci rende più forti anche di fronte alle devastanti politiche del Governo Nazionale, che vuole spingere sul modello lombardo e ligure tutta Italia. Noi non ci stiamo e vogliamo che la sanità pubblica disegnata anche dal PNRR vada avanti: rete ospedaliera, strutture pubbliche di sanità territoriale, telemedicina, assistenza infermieristica per dare risposte a nuovi bisogni, abbattere le liste di attesa e dare un nuovo ruolo alle aree più periferiche e marginali, perché è la casa il primo luogo di cura.

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